Nella località nota come “Prato delle Canale” si trovano i resti dello storico casello che era noto con il nome di Casèl di Barlòc.

Il casello fu costruito durante la Prima Guerra Mondiale, era realizzato in sassi e coperto di lastre, pure esse di sassi, come tutte le case di quel tempo. Era in grado di ospitare dieci e più persone. Aveva una copertura a due acque, la porta era rivolta al sole; in realtà la porta non c’era, ma solo il vano. Era alto nel punto centrale circa tre metri, scendeva ai lati ad un’altezza di meno di due metri (allora le persone erano mediamente di statura più bassa dei tempi attuali).
Era utilizzato per ricoverare gli operai che durante la guerra tagliavano gli abeti della zona per fare tavole di legno che servivano al fronte. Nel casello si ritiravano gli operai quando pioveva oppure a metà giornata per consumare un frugale pasto.
Quegli operai lavoravano quasi tutto l’anno, anche d’inverno, con accette e segoni. Nel periodo freddo veniva acceso un fuoco al centro del casello, non c’era camino ed il fumo usciva dalla luce della porta.

A quell’epoca per trasferire i tronchi tagliati nel bosco vicino al casello, nella località nota come “Prati di Mignano” (Prà ad Mignàn), fino alla segheria che era posta a La Santona fu realizzata una “canala” scavata nel terreno. La canala era rivestita di tronchi senza corteccia, in modo che fossero il più scivolosi possibile. I tronchi tagliati venivano messi nella canala e arrivavano fino alla segheria, sospinti dalla gravità. Nei campi sopra La Santona la canala era ancora ben visibile negli anni ’50.

Nella foto d’epoca si vede la parte posteriore del casello, la porta era dal lato opposto. La legna accatastata dietro serviva per cuocere il cibo e per riscaldarsi. Finito il lavoro dei taglialegna, che era durissimo, era necessario asciugarsi il sudore per non prendere la polmonite. Si pensi alla fatica di tagliare alberi di enormi dimensioni con accetta e segone, ripulirli dai rami e poi portarli alla canala, che poteva distare anche centinaia di metri, solo con l’aiuto di muli e buoi.
Nei dintorni dei Prati di Mignano c’erano allora tante fragole, mirtilli e lamponi. I bimbi salivano da La Santona con una gavetta contenente vino zuccherato, dentro alla quale mettevano poi i frutti di bosco raccolti e con quelli mangiavano nei pascoli.
Attualmente del casello rimane solo la parte inferiore, peraltro pesantemente dissestata.

Sarebbe auspicabile ricostruirlo rispettando l’architettura originale, per ripristinare la prima costruzione realizzata in quei luoghi, ma soprattutto per preservare la memoria di quello che hanno fatto i nostri avi.
Le preziose informazioni sulla storia del casello sono state gentilmente fornite dai fratelli Luciano e Lino Passoni.